COSA laboratorio sperimentale sull’immagine

Cosa? nasce da una necessità molto contemporanea. Rispondere all’interrogativo che condiziona la comprensione di tutte le forme di comunicazione, ovvero, cosa è un linguaggio?

In espressioni linguistiche più liquide e prive di codici formali, come la fotografia, la sensibilità autoriale è una componente fondamentale. E, nell’esercitare la fotografia come forma di narrazione, spesso si assume un proprio codice ideale di riferimento, ma l’autorialità si consuma solo all’interno di un proprio linguaggio organico o emerge anche da una produzione più estemporanea? Si può pensare che il frame fotografico abbia un valore in se o solo all’interno di un contesto? E se il contesto fosse abitato da autori differenti,senza vincoli di tema, le diverse sensibilità riuscirebbero a creare un percorso visivo coerente, in cui la sensibilità come comune denominatore è sufficiente a creare una narrazione collettiva o le diverse sensibilità farebbero implodere la produzione rendendola disturbante e incoerente?

Ad alcuni di questi interrogativi, COSA? risponde rievocando un vecchio gioco comune: il telefono senza fili, rielaborandone la componente strettamente ludica e trasformandolo nella destrutturazione di un percorso visivo, coabitato da diversi autori che sostituendo le immagini alle parole, creano delle catene assonanti di significati.

Si crea dunque un risultato non lineare, quasi che la fotografia nella sua forma più viscerale si adatti naturalmente a una logica ramificata, simulando una rete neurale visiva.

Allo spettatore decidere se l’esperimento abbraccia una forma di coerenza, dove il semplice fatto che un autore risponde a un altro giustifica l’esistenza stessa dell’immagine e della sua connessione alla precedente, o se il risultato è giudicabile non pertinente, sempre che il ruolo di giudice nello stabilire un codice oggettivo spetti a qualcuno degli attori in gioco, e non si debba semplicemente ammettere che la fotografia, in assenza di una narrazione riconoscibile e lineare, sia un codice fortemente emotivo e dunque irrazionalizzabile.